21 aprile 2006

Alfred Rosenberg contro Carl Schmitt: 1. Il docente di diritto pubblico.


IL DOCENTE DI DIRITTO PUBBLICO
PROF. DR. CARL SCHMITT

Documento riservato proveniente dall’Ufficio di Rosenberg

X,1 All’Ufficio dell’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP sono spesso giunte domande, che si occupavano delle precedenti pubblicazioni del Prof. Dr. Carl Schmitt, dopo che questi venne impiegato per collaborare nel suo ambito specialistico da diversi uffici statali e di partito. L’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP ha tralasciato su ciò un approfondita presa di posizione, avendo soltanto informato tempestivamente già da parecchio tempo gli Uffici in oggetto [1]. Recentemente, dopo che un settimanale [2] del Movimento ebbe trattato pubblicamente la faccenda, si sono avute di nuovo numerose richieste di ulteriori informazioni presso l’Ufficio dell’incaricato del Führer per la vigilanza di tutta l’educazione spirituale ed ideologica della NSDAP. Appare perciò necessaria un’informazione riservata degli Uffici di partito, senza che con ciò venga presa in alcun modo posizione sull’attività del Prof. Dr. C. Schmitt nelle funzioni che gli sono state affidate.

* Alfred Rosenberg (1893-1946)

Nel 1933 Carl Schmitt aderisce al nazionalsocialismo: “sempre più grandi e potenti appaiono allora tanto l’azione quanto il compito del movimento nazionalsocialista tedesco, che professa apertamente la sua responsabilità storica e assume su di sé del tutto pubblicamente l’impresa gigantesca di un’organizzazione portante Stato e popolo” (3). Tuttavia, nel 1932 egli additava ancora l’ “illegalità” di “nazionalsocialisti, comunisti, senza Dio o altro” (4).

Nel 1925 Carl Schmitt pubblicò il libro “Cattolicesimo romano e forma politica” nella collana di pubblicazioni dell’Unione dei laureati cattolici per la tutela della concezione cattolica [5].

Nel 1925 presso la Casa editrice del partito di centro renano egli redasse lo scritto “Die Rheinlande als Objekt internationaler Politik”, un pamphlet del partito di centro renano [6].

Ma con pari entusiasmo Schmitt nel 1930 loda anche lo spirito indipendente dell’ebreo Hugo Preuss, “la cui vita e opera hanno dimostrato la connessione fra libera cultura borghese e costituzione dello Stato” (7).
Potremmo anche chiederci se Carl Schmitt non fosse in un increscioso errore circa i futuri rapporti di forza, quando combatteva la NSDAP, cercando proprio lui di dimostrare che la realizzazione dell’idea nazionalsocialista era necessariamente illegale. Egli infatti insieme con il mezzo ebreo Jacobi [8] avanzava contro la dottrina dominante la tesi secondo cui non era possibile che ad esempio una maggioranza nazionalsocialista nel Reichstag sulla base di una votazione con maggioranza dei due terzi secondo l’articolo 76 modificasse con una legge di revisione costituzionale le “decisioni politiche fondamentali della costituzione”, ossia all’incirca il principio della democrazia parlamentare. Ciò sarebbe “cambiamento della costituzione, non revisione” (9). “Il senso delle disposizioni costituzionali sulla revisione della costituzione non è di avviare una procedura per l’abolizione del sistema di ordinamento, che dovrebbe essere approntata dalla costituzione” (10). Sottolinea dettagliatamente: “Davanti ai numerosi pareri e sentenze giudiziarie sulla legalità o illegalità dell’organizzazione nazionalsocialista, sull’appartenenza sotto il profilo del diritto del lavoro e del pubblico impiego a siffatte organizzazioni, sulla “pacificità” delle loro riunioni, ecc. io vorrei ancora una volta sottolineare che per nazionalsocialisti, comunisti, senza Dio o altro la risposta decisiva a domande del genere, se devono essere fatte oggettivamente dal punto di vista della scienza giuridica, non può essere affatto desunta da singoli isolati articoli della costituzione, per esempio il 118 (libertà di manifestazione del pensiero) o il 130 (libertà di opinione politica degli impiegati pubblici) o addirittura da singole disposizioni di leggi occasionali o di decreti d’emergenza, ma da questa concezione fondamentale del sistema di legalità ed in particolare dell’articolo 76 RV” (11). Egli sottolinea che senza un suo “fondamento” giuridico la terrorizzazione del movimento nazionalsocialista non era affatto possibile: “Ogni favoritismo della forma di Stato esistente o addirittura dei partiti di volta in volta al governo, sia pure con sovvenzioni per la propaganda, nella pubblicità delle trasmissioni radiofoniche, delle gazzette ufficiali, l’applicazione della censura obbligatoria, la riduzione dell’attività dei partiti politici o dell’appartenenza partitica degli impiegati pubblici nel senso che il partito di volta in volta al governo permette agli impiegati pubblici soltanto l’appartenenza al proprio partito o ai partiti non troppo lontani dalla politica del suo partito, i divieti di riunione contro partiti estremi, la distinzione in partiti legali e rivoluzionari secondo il loro programma, tutte queste cose sono nel senso dell’art. 76 grosse e provocanti incostituzionalità. Per la ‘vecchia’ dottrina dominante non possono esserci per il loro scopo o per il contenuto dei loro sforzi partiti, tendenze, organizzazioni, associazioni, ecc. illegali” (12). Egli soltanto, Carl Schmitt, con la sua ‘nuova’ dottrina spianava al governo Brüning la strada per le sue misure di forza.
Osserviamo anche un interessante cambiamento nella sua concezione dell’estensione dei poteri del presidente del Reich nell’applicazione dell’articolo 48 della costituzione di Weimar. In seguito alla prassi contraria a questa limitazione anche Schmitt estese la competenza dell’articolo alle disposizioni con forza di legge. Carl Schmitt si mise però in contrasto con i giuristi democratici della Corona Anschütz-Thoma, quando nel 1933 [13] estese illimitatamente i diritti dell’art. 48. Queste motivazioni assicuravano al gabinetto Brüning la possibilità di sospendere oltre i diritti fondamentali anche gli altri (14).
Carl Schmitt, che in modo assai aspro polemizzò contro il concetto di Stato di diritto (15), aveva definito lo Stato come “forma giuridica, il cui senso consiste esclusivamene nel compito di realizzare il diritto, di produrre una condizione del mondo, che corrisponde il più possibile alle esigenze che si possono desumere dalle idee del diritto nel comportamento degli uomini singoli e nell’edificazione del mondo esterno. In questa definizione, secondo cui lo Stato dipende dal diritto, è particolarmente importante che si lasci entrare lo scopo nella definizione concettuale dello Stato e si veda nello Stato uno strumento dell’azione del diritto sulla realtà” (16).
Sembra tuttavia esserci una considerevole diversità nella valutazione del dominio durato quattordici anni del sistema pluralistico dei partiti, che comunque non riusciva a distruggere del tutto la grande tradizione dello Stato burocratico tedesco (17), contenuta nella Critica dello Stato pluralistico a pag. 25 (18) ed il seguente riconoscimento dei partiti nella Dottrina della costituzione del 1928, pag. 247: “Non c’è nessuna democrazia senza partiti, ma solo perché non c’è nessuna democrazia senza opinione pubblica e senza il popolo sempre presente. Tanto poco l’opinione pubblica si lascia trasformare in una competenza dell’autorità quanto poco un partito può trasformarsi in una autorità, senza perdere il suo carattere di partito, giacché infatti nemmeno il popolo si lascia trasformare in un’autorità pubblica, senza cessare di essere popolo. L’odierna superiorità delle organizzazioni partitiche rispetto al parlamento si basa sul fatto che essi corrispondono al principio democratico dell’identità in quanto – come il popolo – sono sempre esistenti e presenti, senza rappresentarlo”.
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* Traduzione dal tedesco di Antonio Caracciolo, apparsa in "Behemoth, n. 5, gennaio-giugno 1989, p. 29-38. Il testo originale apparve contemporaneamente in Zweite Etappe (Bonn, Oktober 1988). Le note di Günter Maschke figurano fra parentesi quadre, quelle originali del documento sono fra parentesi tonde. L esottolineature del testo ciclostilato sono sostituite con il carattere corsivo. Il titolo originale del documento è: Der Staatrechtslehrer Prof. Dr. Carl Schmitt ed appare sotto la seguente dicitura: Vertraulich. Mittelungen zur weltanschaulichen Lage. Der Beauftragte des Führers far die Werwachung der gesamten geistigen und weltanscaulichen Erziehung der NSDAP, Berlin W 35, Margaretenstraße 17/13 2 Lutzow 9541, con data: 8. Januar 1937, e numerazione: Nr. 1, 3. Jahr.
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NOTE:

[1] Cfr. supra, alla nota 9 della Presentazione.
[2] Cfr. supra, alla nota 5 della Presentazione.
(3) CS, Staat, Bewegung, Volk, Hamburg 1933, p. 28.
(4) CS, Legalitat und Legitimität, München u. Leipzig 1932, p. 50 s.
[5] La seconda edizione dello scritto apparve nel 1925 presso Theatiner Verlag in Monaco come vol. XIII delle “Veröffentlichungen des Verbandes der Vereine Katholischer Akademiker zur Pflege der katholischen Weltanschauung” (Pubblicazioni dell’Unione delle Associazioni dei laureati cattolici per la cura della concezione cattolica del mondo). L’intera collana era intitolata Der katholische Gedanke.
[6] Esattamente: CS, Die Rheinlande als Objekt internationaler Politik, Köln 1925, Kommissionsverlag der Rhein. Volkswacht Köln, Domstr. 6, Flugschriften zum Rheinproblem, Heft 4.
(7) CS, Hugo Preuss. Sein Staatshegriff und seine Stellung in der deutschen Staatslehre, Tübingen 1930, p. 25.
[8] Cfr. su ciò CS/Erwin JACOBI, Die Diktatur des Reichspräsidenten, in: Veröffentlichungen der Vereinigung der deutschen Staatsrechtslehrer, Berlin 1924, H. 1, p. 63 ss., p. 105 ss. (il contributo di Schmitt pure come appendice a: CS, Die Diktatur, München und Leipzig, 1928, 2ª ed., p. 63 ss.). L’autore delle Comunicazioni travisa il contenuto, dal momento che a Schmitt ed a Jacobi nelle loro relazioni al congresso dei docenti di diritto pubblico svoltosi il 14/15 aprile 1924 interessavano soltanto i poteri dittatoriali del presidente del Reich (art. 48), e per nulla l’art. 76. Inoltre nel 1924 la NSDAP non era proprio un elemento determinante di potere, che potesse giustificare simili considerazioni! Più tardi si trovano taluni paralleli fra CS e Jacobi, per ciò che riguarda le loro opinioni sulla modificabilità della costituzione. Il numero dei pubblicisti che sostenevano la modificabilità a piacere mediante deliberazioni di maggioranza diminuiva però costantemente nella seconda metà degli anni venti; cfr. CS, Legalität und Legitimität, cit., p. 49 s. – Le Comunicazioni sono qui particolarmente interessanti perché dimostrano ancora una volta che l’interpretazione di giuristi democratici come Anschütz (o anche Kelsen), secondo cui tutte le modificazioni della costituzione erano possibili – ammesso che ci fossero le maggioranze corrispondenti – era ai nazionalsocialisti più gradita delle elaborazioni di Schmitt, ad esempio in Legalität und Legitimität.
(9) CS, Verfassungslehre, München und Leipzig, 1928, p. 24-26, 103, 104, 105, 391, ecc. – [Le Comunicazioni elencano qui passi scelti piuttosto a caso, che si trovano in un rapporto approssimativo con il problema discusso. La citazione si trova a pag. 105 della Verfassungslehre: “Le decisioni politiche fondamentali della costituzione sono materia del potere costituente del popolo tedesco e non spettano alla competenza delle istanze competenti per le revisioni e le modifiche legislative costituzionali. Modifiche simili producono un cambiamento della costituzione, non una sua revisione”. – Il rapporto delle Comunicazioni con il testo di Schmitt e la tecnica della omissione vanno qui a finire in una consapevole falsificazione del senso].
(10) CS, Legalität und Legitimität, cit., 61.
(11) Ivi, 51 ss.
(12) CS, Legalität und Legitimität, cit., 50-51 [La vecchia “dottrina dominante” à la Anschütz è qui esattamente descritta da CS: “In Anschütz invece la neutralità di fronte ai valori di un sistema di legalità che funziona appena giunge contro se stessa fino alla neutralità assoluta ed offre il mezzo legale all’abolizione della legalità stessa; essa giunge quindi con la sua neutralità fino al suicidio”. Cfr. anche G. ANSCHÜTZ, Die Verfassung des Deutschen Reichs vom 11. August 1919, Berlin 1933, Vierte Bearbeitung, XIV ed., p. 400-408].
[13] Deve interdersi: 1932.
(14) CS, Legalitat und Legitimitat, cit., 71. [Del resto l’autore si riferisce presumibilmente al decreto d’emergenza del 13 aprile 1932, con il quale si ordinava lo scioglimento delle SA e delle SS. Cfr. su ciò: E.R. HUBER, Deutsche Verfassungsgeschichte seit 1789, Bd. VII, Stuttgart 1984, p. 938 ss. CS non aveva niente a che fare con questi provvedimenti di Brüning, il suo scritto Legalität und Legitimität apparve solo nell’inverno 1932].
(15) CS, Der Begriff des Politischen, ed. 1933, p. 51-52; ID., Staat, Bewegung, Vo/k, cit., 23 e 26; ID., Staatsgefüge und Zusammenbruch des zweiten Reiches, Hamburg 1934, p. 14. [Nei luoghi indicati interessa meno lo Stato di diritto che non la polarità di etica ed economia. È quanto meno degno di rilievo il fatto che la peculiare presa di posizione di Schmitt sullo Stato di diritto non è menzionata. Cfr. CS, Was bedeutet der Streit um den ‘Rechtstaat’? in: Zeitschrift fur die ges. Staatswissenschaft, 1935, p. 189-201, così come l’introduzione e la postfazione di Schmitt a: Disputation über den Rechtsstaat, di Günther Krauß / Otto von Schweinichen, Hamburg 1935].
(16) CS, Der Wert des Staates und die Bedeutung des Einzelnen, Tübingen 1914. p. 52. [La superiorità del diritto di fronte allo Stato sostenuta in questo primo senso di Schmitt non significa affatto un’arringa in favore dello Stato di diritto democratico-liberale, come qui suggeriscono le Comunicazioni].
(17) CS, Staat, Bewegung, Volk, cit., 30.
(18) Ivi, 25.

TESTO ORIGINALE TEDESCO:

DER STAATSRECHTSLEHRER PROF. DR. CARL SCHMITT

X,1 - Der Dienststelle des Beauftragten des Führers zur Überwacung der gesamten geistigen und weltanschaulichen Erziehung der NSDAP sind häufig Anfragen zugegangen, (segue)

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